La Croce, segno di totalità e redenzione

Adam Elsheimer, La glorificazione della CroceCarissimi parrocchiani di Pozzomaggiore, come sapete sono il vostro parroco dal mese di gennaio e qualche giorno fa mi è stato chiesto di mandare per il quindicinale diocesano Dialogo un piccolo articolo sulla croce. Volentieri ho provato a scrivere alcune semplici indicazioni ed ho pensato che questa era anche una occasione opportuna per riprendere la pubblicazione del foglio di comunicazione della nostra parrocchia. Non posso vantare abilità ne consuetudini editoriali e come vedete tante cose non saranno come in passato, sicuramente per ora il formato sarà sui due lati di una pagina e penso che difficilmente avrà la scadenza regolare del recente passato.
Certamente è iniziato un tempo diverso, nuovo nel quale tutti siamo chiamati a portare avanti la realtà della nostra comunità parrocchiale, chiesa domestica di questo territorio, luogo in cui sperimentare e condividere insieme, in semplicità e concretezza, il tempo di grazia che il Signore ci chiama a vivere insieme. È necessaria la pazienza di tutti, mia e vostra, per conoscersi e imparare a camminare insieme sulle strade del Vangelo nella storia che viviamo insieme, qui a Pozzomaggiore. Spero e mi auguro di poter trovare una sempre più concreta, leale e visibile collaborazione per tutti gli aspetti della nostra vita di parrocchia, da quelli grandi a quelli piccoli, semplici e nascosti: c’è bisogno di tutto e di tutti.
Tanti anni fa, «qualcuno» disse “Se sbaglio, mi corigerete”, e questo mette al sicuro il mio cuore: lo sperimenterò nella vita quotidiana e concreta con le cose e le relazioni qui a Pozzomaggiore.
Alle soglie della Settimana Santa, che mi accingo a vivere con voi con non poca emozione per tutti i passaggi storici, tradizionali e spirituali che ci proporrà, mi fa certo un grande piacere potervi cominciare a fare, tramite questo foglio miei più sinceri auguri per una Santa Pasqua di Risurrezione di Gesù, risorto dai morti, speranza di ogni uomo.

Padre Antonio Annecchino


Nelle Chiese, in molte case ed ancora in diversi ambienti pubblici la presenza del Crocifisso: è una delle immagini più antiche e care alla nostra tradizione, il simbolo precede e interpreta il compimento di tutta l’Historia Salutis: Cristo, morto e risorto, salvezza per ogni uomo. Nelle più diverse occasioni, vi è l’uso del segno di croce: su se, altri e cose, nelle celebrazioni di sacramenti: tutte le preghiere iniziano così. R. Guardini [I santi segni]: «Quando fai il segno di croce, fallo bene… Perché è il segno della totalità ed il segno della redenzione». La croce è richiamo ad una esperienza di relazione con Colui che, per i cristiani, ne ha fatto il trono della sua regalità. La liturgia di questo tempo è tutta centrata sul tema dell’amore di Dio che si rivela e si dona dall’alto della Croce. L’antico Inno di V. Fortunato [sec. VII]: “La croce gloriosa del Signore risorto è l’albero della mia salvezza, di esso mi nutro, di esso mi diletto, nelle sue radici cresco, nei suoi rami mi distendo“. È necessario per tutti, credenti e no, fare attenzione perché anche la croce, come tutti i segni, porta in se’ caratteri contraddittori, che derivano da come il segno stesso viene vissuto, interpretato ed usato. La mentalità mondana legge la croce come segno di morte, di sconfitta, di ingiustizia e si ribella, spesso rinfacciandola ai credenti e provando mille modi per fuggirla. Ma la croce, non è invenzione cristiana, è parte integrante della esperienza di vita umana, spesso dolorosa, malata e sofferente. Purtroppo il secolarismo religioso ha distorto nella mentalità e nei costumi di tanta devozione popolare cristiana, la croce, svuotandola spesso del suo senso di salvezza per l’uomo lasciando evidenti solo significati negativi, che allontanano dalla Buona Notizia del Vangelo. Che croce!…Una vera croce… Espressioni frequenti… In effetti, dovessimo qualificare dopo la parola “croce”, facile scegliere aggettivi come pesante, insopportabile… Come allora ci ritroviamo a cantare con vigore: “Ti saluto o Croce santa…” nel tempo di Quaresima? Come si fa a salutare la croce, quasi fosse un sollievo il vederla? Come si può considerarla addirittura santa? Sarebbe logico volerla evitare. E capita, non di rado, che si cerchi di nasconderla, togliendola, per esempio, dai muri di scuole e uffici con motivazioni umorali, di fragile consistenza, di un rispetto solo dovuto. Eppure la croce piace se tascabile, stilizzata, gioiello di metalli preziosi, colorata o luccicante, da fascino senza declino. Quanti “famosi e potenti” la sfoggiano pubblicamente, spesso enorme… come a dire: lo dico io, fin qui e non oltre… Precisiamo: perché la Croce di Gesù? Anzitutto perché la croce è luogo umano di ogni dolore, limite e fragilità: il capoufficio che mi disprezza, la moglie (il marito) indifferente che non sopporto, la malattia del figlio, il lavoro sottopagato o assente, l’affettività ferita… il peccato che mi tormenta. La croce però diventa anche luogo divino, proprio lì il Cristo è sicuro di incontrarci, nella nostra nuda realtà per camminare al nostro fianco, identificandosi con noi al punto da caricarsi, Lui, della nostra sofferenza. E questo svela l’esperienza trasfigurante della croce: da maledizione (umana) a metro e misura dell’amore di Dio: siamo amati fino a questo punto, in modo totale e gratuito. Ecco perché la cantiamo addirittura santa. Perché ci mette e ci porta da un’altra parte, quella di un Dio, il nostro, che si sa, ama esagerare nell’Amore e nell’amare. Buona Croce di Gesù a tutti.

Nell’immagine: Adam Elsheimer, La glorificazione della Croce, Städel Museum di Francoforte

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